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Le nostre Origini
La storia di Villa è anche la storia della via Salaria e della costituzione del primo fondamentale nucleo della razza italiana. Altre regioni si sono sviluppate da culture diverse: Greci, Etruschi, Celti, Arabi, popolazioni del nord Europa. Tutti sono stati attirati dall'Italia ed hanno portato culture diverse che, amalgamate e rivisitate, hanno creato e portato ad una grande civiltà, tutta nostra. Ma la parte più vera, più"italiana", è la striscia di territorio dall'Adriatico al Tirreno che, attraverso il commercio avviato dalle popolazioni venute dal mare, dalle coste marchigiane all'interno, hanno creato vie di transito dalla costa picena fino a Rieti e che i Romani, poi, hanno unificato e perfezionato creando la via Salaria,  collegando e utilizzando le piste già esistenti: le antiche piste evitano le Gole del Velino, cosi impervie e pericolose per le piene del fiume. Le antiche piste aggiravano la strettoia di Sigillo e sì arrampicavano da Bacugno a Villa Camponeschi e Laculo, per tornare poi al fondo valle e continuare fino a Rieti e nel territorio dei Popoli Sabini. La nostra zona fino al 2^ e 3^ sec.d.c.fu ricca di commercio e di Ville Romane in "ossequio" all'imperatore Vespasiano e alla dinastia Flavia, originaria della nostra zona. Poi il crollo dell'Impero Romano, il primo Medio Evo e la frana disastrosa del Falascone, isolarono per lungo tempo tutta la zona. A partire dal 1200 e fino al rinascimento fu territorio dei Camponeschi, originari dell'Aquila e fu usato come rifugio, tutte le volte che le alterne fortune ed i giochi di poteri li riducevano  da signori in fuoriusciti, al bando dei nuovi potenti. A Villa, sfruttando in parte i ruderi dell'antico insediamento romano, crearono allevamenti di ovini e bovini, che affidarono ad un loro uomo di fiducia, nobile dell'Aquila e bandito anche lui, il cui cognome Pica è divenuto patrimonio comune. Da queste vicissitudini nacque il nome di Villa Camponeschi, per indicare il piccolo centro stanziale che presiedeva alle attività agricole e pastorali. E' tipico che il paese vicino, Laculo, in latino "laghetto" (nei tempi antichi probabilmente c'era uno specchio d'acqua usato per la piscicoltura) poi, perso nel terremoto che devastò la zona nel 1703. La stessa Vallemare origina il proprio nome da "vallis smaris" dove "smaris" indica il maschio del gregge...quindi, "Valle del maschio del gregge" e lì, con la sua bella spianata tra i monti, veniva allevato il bestiame. La vita ed i commercianti riprendono le loro attività, dopo la costruzione della via che univa Spoleto a Benevento (due ceti longobardi). Con il ripristino della viabilità i pellegrini che si recavano a Roma. giunti a Posta si rifocillavano e poi riprendevano la Salaria fino alla Città dei Papi... percorrendo la via Romea o la via Francigena. .Tutto, all'epoca, era in rovina e le strade furono riattivate con l'istituzione dell'Anno Santo e la loro manutenzione fu affidata ai frati Francescani, che crearono anche  luoghi di sosta e ristoro ad una giornata di cammino tra un ostello e l'altro. Villa, posta al confine tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie, per la sua posizione isolata e di non facile accesso, in quanto raggiungibile solo da poche vie mulattiere che, in gran parte ricalcavano le antiche piste aperte dalle popolazioni pre-romane , rimase fuori dai grandi "giochi di potere" fino all'unita d'Italia. Poi, per una ventina d'anni, fu coinvolta nelle guerre contro il brigantaggio, che però all'epoca fu vera e propria guerra partigiana, finché fu appoggiata dal deposto Re delle Due Sicilie e poi, cessate le sovvenzioni, si alimentò con"autofinanziamenti". La gente di Villa Camponeschi partecipò alla prima guerra mondiale e perdette tanti suoi giovani, ma rimase attaccata a questi momenti,alle difficoltà e alle fatiche di un lavoro enorme su un terreno avaro di risorse ma ricco di "fratellanza". Qui crebbe una razza forte e sincera come tutti i montanari... e come voi che avete avuto la pazienza di leggere.  

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                                                                                                                Ugo Biavati